lunedì 26 settembre 2011

Cultura di Colombia: un articolo di Nelson Prisciliano Beltrán Casallas.

Pubblico qui un articolo che viene dall'italianissima Macerata, dove vive l'amico Nelson Prisciliano che gentilmente ha voluto lasciare a tutti i lettori del blog una testimonianza culturale di questo querido país che é Colombia. Il titolo é bellissimo ...

Colombia: gioco di mille amori e una rabbia

"A Úrsula la enterraron en una cajita que era apenas más grande que la canastilla en que fue llevado Aureliano, y muy poca gente asistió al entierro, en parte porque no eran muchos quienes se acordaban de ella, y en parte porque ese mediodía hubo tanto calor que los pájaros desorientados se estrellaban como perdigones contra las paredes y rompían las mallas metálicas de las ventanas para morirse en los dormitorios. Al principio se creyó que era una peste. Las amas de casa se agotaban de tanto barrer pájaros muertos, sobre todo a la hora de la siesta, y los hombres los echaban al río por carretadas. El domingo de resurrección, el centenario padre Antonio Isabel afirmó en el púlpito que la muerte de los pájaros obedecía a la mala influencia del Judío Errante, que él mismo había visto la noche anterior."



Le manifestazioni artistiche sono riflessi e riflessioni di una cultura, sia perché rispecchiano quello che ha in abbondanza, sia perché corrispondono ai desideri delle cose mai avute. Fra queste estetiche e creative vie di accesso, è magari la letteratura quella che gode di maggiore libertà e si permette  l’arbitrio di confonderci la realtà con l’assurdo dell’inverosimile, con immagini capaci di svegliare i sensi e disperare la pelle con il caldo o schiacciarci le ossa dal freddo nelle narrazioni dei posti che descrive. E’ il suo lavoro. A che servirebbe l’impegno della letteratura se non si producesse questa reazione fisiologica e mentale tra l’opera e il lettore? 

E’ proprio questa sensazione che viene materializzata in ogni pagina del libro più famoso della letteratura colombiana e fra quelli della latinoamericana, che si è guadagnato un posto nello scaffale d’oro delle opere universali tradotto in più di 35 lingue: Cent’anni di solitudine, di Gabriel García Márquez, esempio di eccellenza del genere realismo magico americano. Senz’altro la forma più dilettante ed edonista di conoscere l’idiosincrasia del gene colombiano.  

Però per inserirsi e comprendere la cultura colombiana attraverso le sue opere bisogna circondarla dall’ottica geografica, ontologica e politica che copre il panorama che la germina. Colombia è la vantaggiosa “casa de la esquina”[1] del Continente Americano, attraversata dal sud ovest al nord, dalla maestosa catena montuosa di Los Andes, che divide il paese in due grandi parti. Nelle tre braccia della cordigliera si trovano le principali città e centri amministrativi nazionali dispersi nel gioco strepitoso della sua topografia. Ai loro piedi, puntando verso meridione, infinite pianure, valli e foreste allucinanti si stendono al punto da fare confondere i punti cardinali nella densità dell’Amazzonia tra i confini con il Brasile e Venezuela. Senza dimenticare che in mezzo a questa vastità di etnobiologia[2], si alza come enigmatico labirinto dell’immaginazione divina, isolata al nord in riva al mare caraibico, un’imponente ed esorbitante montagna di selva e neve, alta fino ai 6000 metri e grande quanto la regione del Veneto italiano: la sacra Sierra Nevada de Santa Martha. Essa concorre in stupefacente gara di bellezza con la selva umida del Choco lungo la riva dell’oceano Pacifico, dal confine con l’Ecuador fino a Panamá, patrimonio dell’umanità in cui si sono spostati i discendenti degli schiavi rapiti e portati via dalla grande Africa 500 anni fa che oggi conformano un’ampia, orgogliosa e allegra comunità[3] da ritmo di tamburi e le note della gaita impressi nell’anima e tante volte dimenticata dalla centralità del potere bianco. 

Una gaita "macho", caratteristica delle cumbias. Immagine presa dal blog victorserpavillalobos

L’ubicazione sulla linea equatoriale fornisce Colombia di uno stesso clima tutto l’anno (tranne le epoche di piogge e tempo secco), ciò vuol dire che si scende da una città alta 2600 metri sul mare e 17° a mezzogiorno a un paesino sui 1400 metri e una temperatura di 30° in un percorso di 100 chilometri (ora e mezza di viaggio). L’ampia e generosa varietà geografica e climatica rende la Colombia un paradiso idrico, ricco di mille frutti, cereali e verdure, di infinite risorse geologiche come minerie d’oro, ferro, platino, carbone e tutto quanto la metallurgia e l’oreficeria desiderano. La grata distribuzione di questa varietà  influisce notevolmente sul comportamento degli abitanti domiciliati nelle regioni chiamate “Departamentos”; regioni molto diverse fra loro, diverse in clima e paesaggi, a cui il medico genetista Emilio Yunis[4] accredita le caratteristiche della particolare personalità del colombiano, invece di aggiudicarla alla fusione genetica del sangue spagnolo con quello locale. In questo modo di cancella l’idea si essere “regionalistas, aprovechados, avivatos, muy trabajadores, inteligentes, recursivos y creativos” a causa dell’eredità pirata di quelli che arrivarono con Colombo.

Nel suo libro, il dottor Yunis spiega scientifica e storicamente le ragioni per cui Colombia diventa un mucchio di regioni isolate con tendenza all’endogamia e il razzismo (sempre interno), regioni che però condividono tutte la stessa lingua spagnola, con varietà di cadenza e modismi, naturalmente. Ci sono, certo, le comunità indigene, con autonomia culturale e linguistica, popoli pre-europei, padroni originali e vigili mistici del Continente. Fu questa vastissima diversità a colpire e stupire Cristoforo Colombo, il quale narra nei suoi diari di viaggi lo stesso stupore che poi verrà narrato, con perplessità, dalle spaventate menti dei primi cronisti europei e nei silenziosi e prudenti fogli del secolo XVI come  fece Fray Bartolome de las Casas nel suo libro Brevísima relación de la destrucción de las Indias[5]  nel 1552. E’ questa ricchezza biologica senza paragone nel mondo la causa prima che spiega il nostro passato, presente e futuro dalla cultura all’economia. Una condizione che modella il pensiero collettivo e condiziona i sistemi di mercato.

Quelli stessi “conquistatori”, fuggiti da una Spagna invasa dall’oscurantismo angosciante e conseguente alle decisioni religiose ed interne, fornirono al Continente e alla Colombia la dogmatica genesi ontologica della tradizione cattolica in cui crebbe e credette e ancora crede il popolo americano, al punto che oggi è ancora possibile trovare ideologie  ferme nel tempo, come un racconto medievale con le pericolose conseguenze della dualità aristocrazia – chiesa che comandano i destini politici della nazione, che persino alla luce del secolo XXI e un sincretismo delle culture  universali, lotta contro l’autonomia accademica che richiama e argomenta con giusta ragione una Modernità assente[6]. .Questa imposizione, non con poca violenza, ha modellato l’immaginario collettivo di una popolazione assolutamente rurale migrata alle incipienti città soltanto a partire della seconda metà del secolo XX, in gran parte spinti dalle crudeli guerre civili nella campagna, guerre mai riconosciute. Oggi, questi borghi sono diventati grandissime città, commistione disordinata di avanguardie architettoniche, gioielli urbanistici, quartieri bohemien, sistemi e reti e di comunicazioni di ultima tecnologia uniti alla precarietà da nascondere nelle periferie. Una società del tutto o niente, una società in cui quello che non si trova è perché non esiste e se non esiste, lì, se l’inventano.

Un'immagine di Bogotá. Vi consiglio di visitare il blog nel quale l'ho trovata: d-campos-bta

La società colombiana del 2011 percorre un agitato periodo di incredulità dove tutto è possibile per rendere l’economia interna un bastone per l’indipendenza e la crescita senza limite o può secolarizzare le sue violentissime problematiche belliche per uno sterile futuro che nessuno vuol riconoscere nelle stupide guerre fra fratelli.

Voi italiani non dovete più chiedere cosa c’è per voi in questa terra; domandatevi e diteci cosa offrite per fare di questa casa, la vostra nuova casa. Inseritevi nella nostra società come uno di noi, fate la spesa e chiedete lo sconto come uno di noi. In questa casa c’è tutto per tutti, bisogna solo avere buon senso, iniziativa di imprenditore libero e amare il suolo che vi sostiene in piedi. In Colombia diciamo: “Chi se ne va non manca e chi arriva non ingombra”, ossia nel nostro paese sono e siete tutti benvenuti; noi abbiamo un fascino per il forestiero, per lo straniero. Ci piace ascoltare storie di mondi lontani e diversi, il nostro udito é sempre affamato dalle avventure dei viaggiatori. In Colombia non esiste un senso di xenofobia, non crediamo che quelli che arrivano “ci rubano il lavoro” e sappiamo che quelli che rubano qualcosa, rubavano già nei loro paesi. 

Colombia nel secolo XXI non è lontana dalla geopolitica del globo. In Colombia, quelli che hanno sempre governato obbediscono agli ordini e applicano le decisioni che vogliono omologare il mondo in quel sospettoso nuovo ordine mondiale che nessuno conosce ma tutti subiscono, che ci costringe a lavorare di più per guadagnare di meno senza nessuna garanzia, senza assicurazione medica né pensione e certo, senza investimento all’educazione pubblica.
Per questo, Colombia sarà sempre mossa da una dinamica della contrarietà. Sembra inerente alla natura di questa magica terra il sopportare all’ infinito l’equilibrio cosmico fra il bene e il male, fra verosimile e assurdo e il tutto a seconda dell’arbitrio passionale dei suoi abitanti che li può rendere  gli essere più tranquilli e gentili del mondo e fare di questo pezzo del mondo il migliore dei mondi, oppure perpetuarsi nella decadenza e la tristezza e le lacrime di cent’anni di solitudine.
Bene. Avendo dato un po’ un’occhiata a questi necessari punti di riferimento, passerò a elencarvi dei libri, film e telenovele (sì, perché no?) che descrivono attraverso le lettere e il riso la meravigliosa e enigmatica terra dell’ambiguità:  fra l’amore e l’odio


Immagine presa da questo link nel quale troverete "unas cositas interesantes sobre Colombia"

Vi avevo già accenato che in 100 anni di solitudine si riassume con molta chiarezza la colombianità. Per sapere di più sulla visione del mondo indigeno, le piante allucinogene, lo sviluppo botanico del mondo e l’esplodere dell’industrializzazione del caucho, costituisce lettura obbligata il libro “El Río” di Wade Davis, del quale c’è la versione in spagnolo e in inglese. Poi, ci divertiamo un po’ e potrete vedere un film di 25 anni fa: “L’ambasciatore dell’India”, che descrive la sottile linea che separa l’ingenuità dalla stupidaggine e che prende come modello di valori l’antivalore del “rebusque”. Continuiamo con l’elenco (vi ricordo che è obbligatorio): un testo piccolo e facile, che pare di più un saggio è “¿Dónde está la franja amarilla?” di William Ospina, giovane scrittore che ha avuto un grande successo nella narrativa attuale con la sua fantastica trilogia iniziata con “Ursua” e poi con “Il país de la canela”. Magnifici!. La terza parte non è stata ancora pubblicata.  E’ una narrativa che descrive fedelmente il processo della “Conquista” e scatena con magia e virtù dei bei romanzi, gli avvenimenti violenti e spietati in mezzo alla magnificenza della natura americana.

Torniamo al cinema per vedere “La estratégia del Caracol” di Sergio Cabrera. Semplicemente una figata. L’anarchia e la brillantezza dell’ingegno colombiano. E mi viene in mente un altro film bellissimo, produzione colombo-italiana con Ornella Muti, basato sul libro di García Márquez “Crónica de una muerte anunciada”. Imperdibile. Da un punto di vista fondamentale e accademico, gli scritti del professore Rubén Jaramillo Vélez: “Colombia: La Modernidad postergada”, “Moralidad y Modernidad en Colombia” e “¿Qué universidad para qué sociedad?” vi daranno degli strumenti utili per comprendere la formazione della coscienza del paese. Il professor Jaramillo ha guidato le generazioni della filosofia, dell' antropologia e della sociologia nelle università di tutta Colombia e i suoi scritti vengono corredati da una narrativa eccezionale, leggera e affascinante con la serietà e precisione della verità scientifica e il gusto dei bei romanzi. Come vi avevo già scritto, il libro del genetista Emilio Yunis ¿Por qué somos así? aggiunge altri elementi preziosi per saper come sono i colombiani, sempre in un linguaggio per il pubblico “normale”, per il cittadino “de a pié”.

La estratégia del caracol - Trailer - Sergio Cabrera - Colombia 1993

La destinata fusione di culture che iniziò a partire del 1492 cambiò i rapporti universali in un tutte le immediatezze della vita odierna. Cosa sarebbe dell’Italia senza el Tomate, il mondo intero senza le patate, il cioccolato, il mais e il tabacco? Tutti regali della natura, endemici di questa terra americana. E noi, cosa avremmo fatto senza il riso, lo zucchero, le arance, le galline, i maiali e le mucche? La gastronomia si esprime con delicatezza in una saporita opera intitolata “Cartagena de Indias en la olla”, versione di pubblicazione recente in spagnolo e inglese, di Teresita Roman De Zurek.

Per concludere, vi consiglio vedere sul Youtube i video di un programma molto ironico e di un finissimo umorismo nero, fatto in formato “cartoon” di due provocatori specimen: Santiago Maure e Martín de Francisco. In questa scriteriata produzione si mostra la Colombia della strada, dell’ufficio, della politica e dello spettacolo; se la descrive senza scrupoli né censura, il suo nome “La Tele”. Della televisione possiamo riscattare due “telenovelas” che colpirono il pubblico per le loro innovazione con la mescolanza di umorismo, dramma  e un copione affasciante: “Café, con aroma di mujer” e “Yo soy Betty la fea”. Tutte e due hanno potuto rispecchiare la società urbana della capitale e il mondo della coltivazione e l’industria del caffè nelle bellissime fattorie del “eje cafetero”. Entrambe ebbero un grande successo che permise loro di essere tradotte in varie lingue e che ancora oggi si possono vedere nella televisione italiana (a pagamento). Grazie alla tecnologia dell’internet, potete allenare il vostro udito linguistico nell'ascoltare i diversi accenti e le modulazioni dello spagnolo colombiano; dopo potete ridere e aggiornarvi sugli avvenimenti di tutti i generi se ascoltate il programma di radio La Luciernaga de Caracol Radio. Un geniale radio giornale, mix di notizie, umore politico e la tipica furbizia colombiana[7]


Non potrei andarmene senza fare riferimento a un giovane pedagogo, giornalista, umorista e imitatore senza precedenti nella storia di Colombia: Jaime Garzón Forero, assassinato 12 anni fa per “sapere molto” su quelle menzogne e vicissitudini della realtà politica di un paese che senza pentimento è capace di ammazzare il riso prima di “perdere tempo in discussioni”. Jaime fu ammazzato perché sarebbe stato “la palla al piede” per una vergognosa e corrotta dittatura civile che prese il potere durante otto tristissimi e decadenti anni in cui il bilancio delle passione e la polarizzazione si inclinò a causa dei sofismi mediatici. Un nero periodo nella storia contemporanea in cui i colombiani si sono odiati reciprocamente (o li hanno fatti odiarsi) come in pochi periodi della vita, che però paradossalmente unificò le comunità scientifica, medica, giuridica, accademica e artistica e gli occhi dell’opinione internazionale fissarono lo sguardo con attenzione per non sentirci più abbandonati.  

Jaime Garzón Forero nella statua a lui dedicata a Bogotá.

Ho tentato di scrivervi alcune parole senza altra pretesa di quella di esortarvi ad approfondire, amare e insegnarci le cose che avete da condividere. Penso siano sufficienti per darvi una prima mano nel complesso processo di “capire” i colombiani, che però voi stessi potete completare, confermare o rifiutare a seconda delle vostre esperienze. Resteranno fuori dall’elenco molti altri esempi di colombianità, come il nuovo cinema colombiano, i libri di German Arciniegas e German Castro Caycedo, ecc. 

Tutti i testi e i film sono stati scritti in lingua spagnola, tranne quello di cucina, ma a questo punto direi che dovrete essere in grado di capirlo, o almeno di iniziare il corso di lingua con questi testi. Comunque il linguaggio non è mica difficile. Se guardate “La Tele” troverete lo spagnolo “colombiano”, in speciale quello di Bogotà, nella sua massima espressione. Nel frattempo, amici miei, cioè, se non siete ancora in Colombia, vi invito ad attraversare la linea del tempo e andare indietro nel passato per condividere i pomeriggi accanto i saggi abitanti di un epoca veramente “dorada”. Andate pure al Museo dell’oro[8], a Bogotà, un posto unico nel mondo dove le Gioconde e il mistero stanno dovunque guardiate. Poi cambiate finestra e troverete tutti i clima in un solo clima, un piccolo viaggio per la densità nel giardino del rilassamento: il “Jardín Botánico[9]; le città principali ne hanno uno: proprio per visualizzare  il fenomeno surrealista quando Aureliano Buendia chiuse gli occhi per sempre e mille farfalle gialle danzarono con allegria e tristezza, fate omaggio alla sua ostinata memoria e visitate il “Mariposario” di Calarcà, Quindio. Siccome siete lì, andate subito al Parque Nacional del Café[10]. Il viaggio finale è contrastante: potete sentire il silenzio delle stelle e i dei pianetti[11], oppure dovete stare attenti e fare voi il silenzio per sentire la foresta parlare e fate attenzione a gli occhi degli spiriti che vi guardano dalle dimensioni che ancora non conoscete[12].

Il Mariposario di Calarcá. Immagine che potrete vedere nel blog funcrear2008

E’ curioso e non viene mai divulgato il forte vincolo che è sempre esistito fra l’Italia e la Colombia, neanche i colombiani gli danno retta. Al di là di Colombo e Amerigo Vespucci, molti italiani si sono trovati al loro agio in queste terre. Solo si deve pensare che l’inno nazionale è stato composto musicalmente da un italiano, che l’Istituto Geografico di Colombia prende il suo nome dal militare e cartografo italiano Agostino Codazzi, la cui vita sembra fosse stata quella di un avventuriero americano. Sono molti gli esempi di questa fraternità e molti sono i cittadini anonimi e nonne fuggite dalle guerre per salvare, nella vita che trovarono in Colombia, un bel pezzo di cuore dal quale sospirare belle nostalgie per la vecchia Italia.

E’ questo il mio paese; è questa la sua cultura. Un paese che comunque vuol rinascere dalle ceneri con la speranza della sensatezza per costruire la patria sognata per noi e per i nostri figli, una repubblica democratica e moderna senza odio né cattiva ambizione che tanto Jaime ci inviata a seguire.

Con cariño
Nelson Prisciliano Beltrán Casallas
Macerata (MC), Settembre  di 2011

P.S.
Domenica 25 Settembre ho partecipato alla 19° Marcia per la pace, da Perugia ad Assisi, e mentre camminavo per l’Umbria pensavo al mio paese e pregavo per questa benedetta terra. L’immaginavo in pace, con le parole di pentimento di tutti quelli che hanno fatto piangere dal dolore, ma soprattutto pregavo perché i miei connazionali togliessero e dimenticassero dal loro cuore la parola GUERRA. Aggiungo questo commento per farvi sapere che ci sono alcuni che dicono che parole come le scritte in questo documento vanno contro “gli interessi della patria” e fanno parte degli “amici del terrorismo”. In una guerra non ci sono buoni e cattivi. La guerra è cattiva da sé; solo può condurre alla morte e porta tristezza e miseria.



[2] Wade Davis. El Rio. Banco de la República – Ancora editores. 2001. Bogotá, Colombia.
[3] http://www.youtube.com/watch?v=yMS4J6Gp6e4
[4] Medico genetista e sociologo colombiano, considerato il padre della genetica medica in America Latina.
[6] Ruben Jaramillo Vélez. Modernidad y Moralidad en Colombia. 1999. Bogotá. ¿Qué universidad para qué sociedad. Universidad Distrital. 1989 http://desarrollo.ut.edu.co/tolima/hermesoft/portal/home_1/rec/arc_25253.pdf
[7] http://www.caracol.com.co/audio_programas/programas/la-luciernaga/programa/130990.aspx

Personalmente ho trovato l'articolo molto molto interessante, ed ha fatto luce anche su un paio di cose che non conoscevo. Spero vivamente possa essere lo stesso anche per voi lettori del blog. Per qualsiasi cosa, lasciate pure i vostri commenti, anche se credo che a Nelson non dispiacerá se vi dico che lo potrete contattare direttamente su facebook.


Approfitto per dirvi che ... me ne vado in vacanza ... peró continueró a scrivervi e a rispondere alle vostre mail da una ridente e soleggiata localitá "vacanziera" della costa Messicana. =) Cuídense, queridos amigos ... charlamos pronto!!

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